Storia

Monte San Martino, che come quasi tutti i borghi della zona è di origine medievale, si erge ufficialmente a libero comune nel 1240, ma dobbiamo risalire molto indietro nel tempo per ritrovare i primi insediamenti risalenti ad epoca romana e rilevabili dai numerosi ritrovamenti di oggetti dell’epoca, come monete e suppellettili.
Il Cordoni, nel suo testo del 1950, riporta la teoria di un anonimo contemporaneo del Colucci che avrebbe identificato in un’antica carta geografica il nome antico di Monte San Martino che potrebbe essere stato Arx Rubetana Romanorum (Rocca Romana dei Roveti), tanto che ancora oggi sono presenti una contrada e una fonte che portano entrambe il nome Roveto. Il Colucci non è completamente d’accordo con la derivazione del nome ma attesta la presenza di molti ritrovamenti di epoca romana che confermano come questi territori fossero già abitati, decine di migliaia di anni prima di Cristo, da popolazioni umbre e picene che poi si svilupparono sotto il dominio romano, in seguito alla sconfitta dei Piceni del 268 a.C. Nel periodo di dominazione Augustea, con la divisione dell’Italia in regiones, il territorio entrò a far parte della V regio, il Picenum.
Procedendo in avanti lungo la spirale del tempo, ritroviamo nel VI secolo la dominazione dei Longobardi durante la quale il Piceno venne unito al Ducato di Spoleto; dominazione che terminò nell’VIII secolo, quando la discesa dei Franchi determinò il passaggio dei territori alla Chiesa di Roma. Nel corso del IX secolo probabilmente i territori di Monte San Martino erano sotto il controllo della potente Abbazia di Farfa in Sabina che in questo periodo pose la sede del proprio presidiato a Santa Vittoria in Matenano e ottenne un controllo più diretto del territorio incrementando le sue proprietà.
In effetti però, la donazione carolingia a favore del Pontefice giunse ad una piena applicazione solo nel corso del XIII secolo quando trovò un effettivo riconoscimento con Papa Niccolò III. Il Cardinale Egidio Albornoz è il primo ad amministrare questi territori in quanto vicario del papa e nel 1357 promulga le Constitutiones Sanctae Matris Ecclesiae con le quali classifica a fini fiscali l’intera regione marchigiana: le comunità locali erano tenute, sulla base della propria grandezza, al versamento di un canone fisso annuo, il census, alla Camera Apostolica.
Nonostante la costituzione del Comune, le autorità locali e la sovranità papale venivano a più riprese osteggiate da potenti famiglie del luogo. Un esempio è la famiglia Bonifazi, che ebbe un ruolo importante nella storia di Monte San Martino, oppure i Da Varano di Camerino, anche se bisogna rilevare che il paese dimostrò sempre una profonda fedeltà alla Chiesa e questo ovviamente le procurò anche privilegi e benefici.
A questo e ad una devozione viva e sentita si deve lo straordinario patrimonio di opere d’arte esistente tuttora a Monte San Martino e risalente per lo più al periodo di massima crescita economica della zona collocabile tra il XIV e il XVI secolo. Una curiosità storica: nel XV secolo Monte San Martino godeva della riscossione della Gabella del passo, una tassa istituita probabilmente da Papa Giulio II, che consisteva nel versamento di una somma ogni qual volta si attraversava il territorio di Monte San Martino. A questo privilegio si opposero più volte gli amandolesi presentando vari reclami presso il Pontefice. Nell’Agosto del 1509 ci fu una prima revoca con il Breve Datumapud S. Petrum XII ma gli abitanti di Monte San Martino di fatto non la applicarono mai realmente. Inutilmente si susseguirono, l’anno dopo una sospensione da parte del Governatore Generale della Marca, poi ancora un altro Breve del Papa in data 16 luglio 1511. I Monsammartinesi tenacemente persistevano in un atteggiamento recidivo. Leone X il 12 ottobre 1513 emanava ancora un ulteriore Breve con cui proibiva la riscossione del pedaggio verso gli amandolesi. Infine solo nel 1554 il Breve di Giulio III sancì l’abolizione definitiva del pagamento della Gabella.

  

 

 

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